Il RE- di Shen WEI

di EMANUELA CASSOLA

Il rewind del coreografo cinese Shen Wei, prende spunto dal prefisso , nella lingua inglese RE-, che suggerisce di riconsiderare i concetti scritti. Ed è attraverso un trittico ( Part 1, Part2, Part3) , che Wei propone al pubblico la creazione, di una riflessione ispirata ai viaggi compiuti in Tibet, Cambogia, e Cina, tra il 2005 e 2008, ponendo al centro dell’attenzione la natura umana. Il secondo appuntamento, al teatro Regio di Parma, per la Rassegna Parma Danza, ospita il regista dell’apertura dei Giochi Olimpici a Pechino, Shen Wei, Direttore della Compagnia Dance Arts New York, danzatore, pittore, designer, fotografo, che, negli ultimi dieci anni, ha toccato in tournèe, i cinque continenti. L’invito del LEO Club , per questa serata, presagiva la predisposizione, al mettersi in ascolto, con totale abbandono e assoluta trasparenza d’animo, vista la straordinaria bellezza, di contenuto emotivo e visivo, che la Compagnia ha saputo regalare a tutti noi convenuti. Venticinque minuti, è il tempo necessario calcolato per formare un enorme tappeto di sabbia fine e colorata , con un disegno geometrico dai toni del blu e bianco, grande quanto tutto il palcoscenico. A scena aperta, i ballerini, attorno al perimetro di questo rettangolo, compiendo gesti lenti e silenziosi, costruivano un Mandala. Kylkor, in lingua sanscrita, meditazione in movimento. Poiché lo scopo non è, di concludere l’opera artistica del tappeto di sabbia, per possedere, concetto materialista occidentale, ma piuttosto di creare un flusso di meditazione, mentre il cammino dell’azione si compie, prima di distruggerlo, e quindi, per la filosofia orientale, imparando a rimanere distaccati dal concetto di possesso (…possesso dei beni materiali, possesso del Corpo…) Peccato, che il pubblico vociferante e rumoreggiante, troppo preso, ancora dall’ego di sentirsi protagonisti a teatro, non abbia colto che lo spettacolo era già iniziato e che la Compagnia stava già comunicando attraverso i gesti e il corpo una danza per l’anima, prima che le luci e la musica, suggellassero il rituale taumaturgico d’inizio. Scivolando, con leggerezza in moto concentrico, centrifugo e centripeto, i ballerini ricchi della formazione tecnica Nicolais del Coreografo, supportati da un canto femminile di litania ipnotica, hanno dato vita ad un vero momento liturgico. Ogni colore, particolare scenico, proiezioni e spostamento nello spazio, verso il proscenio e la buca dell’orchestra, è volutamente studiata e calibrata da Wei, per dare un piano prospettico d’intenzione ai corpi, così geometrici e dinamici nella seconda coreografia dedicata alla Cambogia, con evidente associazione al passo militare dei bambini soldato reclutati nelle foreste e i suoni della natura amplificati e ovattati dagli spari. Così lenti, religiosi, quasi statici, nella parte conclusiva del quadro dedicato alla Cina, terra d’origine del coreografo, i corpi stanno , alla presenza di un grande albero della vita, come tante riproduzioni della deposizione della Pietà di Michelangelo, fragili e nudi, in attesa di invocare la salvezza dell’anima.