BLACK OUT per la Compagnia CARTE BLANCHE

di EMANUELA CASSOLA SOLDATI

Un po’ di bianco e nero al Teatro Ponchielli di Cremona. La Compagnia Nazionale Norvegese di Danza Contemporanea, CARTE BLANCHE, in prima ed esclusiva italiana, esordisce con un black out a scena aperta.

Nonostante lo sconcerto sui volti dei ballerini, per l’interruzione dello spettacolo, a circa tre quarti dal suo inizio, per un inconveniente tecnico al quadro luci, il pubblico del Ponchielli, con fair play delle grandi occasioni, ha decretato calorosi applausi, alla impeccabile interpretazione teatrale, non che alla capacità di ripresa della stessa Compagnia, nel concludere la partitura coreografica creata dalla israeliana Sharon Eyal e Gai Behar. Avrebbe potuto essere, come il Requiem, l’opera incompiuta di Mozart, o il non finito Michelangiolesco, invece riprendendo l’attacco sui brani di David Byrne e Tuxedomoon, i dodici interpreti ballerini, dando prova di grande capacità tecnica e concentrazione, con un piazzato di luci ambrate, hanno saputo mantenere la tensione e la qualità del movimento, a dispetto di un sipario chiuso. L’incedere nella camminata, caratterizzante la cifra stilistica del Progetto coreografico della autrice, assume nel titolo “Corps de Walk”, la sua naturale fonte di ispirazione. Così come i corpi, ben definiti e modellati, in tute aderenti, dalle movenze plastiche e l’andatura robotica e ipnotica, suggeriscono una dimensione metafisica dei corpi, medium attivi di un incedere comune. Mentre , sotto pelle, i sentimenti si colorano, pronti per esplodere, trattenuti da una metaforica pellicola in lattice che scolpisce i confini corporei dei ballerini dagli atteggiamenti cibernetici Al minimalismo dei passi della marcia, che corrisponde, per la Eyal, ad un suo concetto di rinnovamento della DANZA contemporanea, sottende un pensiero iperrealista delle funzioni dei corpi stessi e l’utilizzo orchestrato del movimento-cinetico, in funzione del gruppo, e non del singolo elemento. Una carta bianca, per citare il nome della Compagnia. Un foglio bianco da riempire, in cui la dimensione prospettica si modella toccando gli otto punti dello spazio scenico, nelle sue diagonali, nelle pause in perfetto equilibrio, nella androgena dei sessi, nella evidente fragilità dell’essere umano.