VISTI DA…

di MICHELE FRATERNALI

La solitudine dei numeri primi 

Due protagonisti la cui sofferenza attraversa corpi ed anime. Due identità che potrebbero unirsi, ma che restano nella loro solitudine a causa dei loro sensi di colpa e della sensazione che li spinge a credersi sempre e comunque fuori luogo. Muri invalicabili, in cui si scorgono piccole brecce che poi ineluttabilmente si richiudono. Saverio Costanzo non segue la linearità narrativa del romanzo, trasformando il film in una sorta di labirinto dove si susseguono flashback e flashfoward, raccontando la trasformazione dei protagonisti in “numeri primi”, ovvero in personalità solitarie, maniacali e assolute in maniera non cronologica. Un melodramma che si trasforma in un horror secondo il volere ben preciso del regista, che cita Dario Argento e il Kubrick di Shining, realizzando un’opera non perfetta, ma che riesce a trasmettere al pubblico tutto il dolore della storia. Ottimi fotografia e montaggio, colonna sonora spesso straripante e fastidiosa, buone le prove del cast, con una citazione d’obbligo per la commovente Isabella Rossellini.


20 sigarette 

Il protagonista è un giovane ragazzo frequentatore dei centri sociali che si ritrova in Iraq come aiuto regista, divenendo l’unico sopravvissuto alla strage di Nassirrya:19 morti e una sequela infinita di celebrazioni e ricostruzioni, che probabilmente nascosero fatti e cause della tragedia. Realismo d’autore (riprese tremolanti con camera a mano, uno sguardo soggettivo sugli eventi), un linguaggio semplice e diretto che alterna sapientemente toni da commedia e la crudezza della guerra. Nessun trucco di sceneggiatura o regia, ma un lavoro onesto, ben interpretato, sottolineato con accuratezza da un’ottima colonna sonora, che nonostante alcuni passaggi didascalici, non è mai buonista, dimostrandoci che un militarismo sfrenato non serve a niente e nessuno. Banale e retorico? No, tragicamente indispensabile.


Inception 

Spiegare la trama, che si dipana fra una spirale di sogni nei sogni, sarebbe troppo complicato e non è detto che si capirebbe. Un puzzle onirico che concilia cinema d’autore con l’action movie, la fantascienza, il thriller, la love story, che a tratti perde i pezzi per strada a causa di una eccessiva verbosità (la prima parte del film non è altro che la spiegazione della seconda). Nolan, forse senza aver letto troppo bene Freud, mette in scena un immaginario controllato, privo di rimossi e pulsioni che risulta fin troppo celebrale per essere emozionante. Ingegnoso, ma eccessivamente dilatato, surreale e metafisico, ma povero di psicologie, Inception al netto delle interpretazioni accessorie, è un opera dallo svolgimento solido e lineare (anche se le chiavi di lettura e le interpretazioni sono molte di più di quelle che sembrano), dal ritmo sostenuto e con effetti speciali che dimostrano che per emozionare non serve il 3D (peccato che la sequenza sulla nave non sia all’altezza delle precedenti).Un capolavoro? Forse no, ma un’ amalgama così non si era mai visto e va dato atto al regista di essere riuscito a tenere gli spettatori incollati alla poltrona fino all’ultima sequenza.