INTERVISTA A LAURA LUCCHETTI

di MICHELE FRATERNALI

Abbiamo incontrato la regista Laura Luchetti ed una delle protagoniste Cecilia Cinardi

Febbre da fieno? E’il titolo di un film tutto italiano, fra i migliori in circolazione, che curiosamente non si trova facilmente nelle sale nonostante sia prodotto dalla Disney. E’ il racconto di un’umanità bislacca e tenera, immersa nelle atmosfere fiabesche e nostalgiche della Capitale, che rimane in bilico tra comicità e affettuose emozioni. Un’opera prima ben scritta, diretta e interpretata che non sovraccarica né i dialoghi, né tantomeno i personaggi, giocando per sottrazione, sorprendendo piacevolmente il pubblico con un finale tutt’altro che scontato. Ci siamo quindi interessati ad un film che si discosta notevolmente dalle produzioni italiche, ma che sembra per questo pagarne il prezzo. Abbiamo così deciso di incontrare la regista Laura Luchetti ed una delle protagoniste Cecilia Cinardi.

Come nasce l’idea di realizzare il film?

Dal desiderio di dare una seconda opportunità, di dare una seconda vita in un luogo magico a degli oggetti appartenenti al passato.

Febbre da fieno mescola fiaba e tematiche sociali regalando sorrisi e spunti di riflessione, ma quali sono le sue imperfezioni e quali i suoi maggiori pregi?

La mia mancanza di esperienza è allo stesso tempo il suo maggior pregio e il suo maggior difetto. Gli errori fatti, in quanto trattasi di un opera prima rappresentano anche quegli elementi di freschezza e originalità.

Quali sono state le difficoltà riscontrate durante le riprese?

Sul set non ci sono stati particolari problemi. E’ stato un set vivo, affiatato, positivo, dove c’è stata professionalità, ma anche divertimento. La maggiore difficoltà di un’opera prima è quella di ottenere la fiducia dei produttori, di coloro che investono nel film.

E’ un dato oggettivo che il film non goda né di un’adeguata promozione, né di una distribuzione sufficiente, quali sono le cause?

E’ questa l’impressione che hai avuto?
Alla domanda che ci è stata rigirata non possiamo che rispondere, che la nostra non è solo una impressione, ma è una infelice constatazione. Non ci sono manifesti pubblicitari, né vengono trasmessi trailer televisivi, sembra quasi che coloro che dovrebbero promuoverlo e tutelarlo, non facciano altro che affossarlo. Un’assurdità inspiegabile che non permette agli italiani amanti del cinema di godere di un film delizioso e originale.

Non sarebbe ora che si cominciasse a tutelare la qualità?

A questo punto non possiamo che domandare quale sia la soluzione per superare queste insensate regole di marketing?
Il passaparola. La gente deve sapere che il film esiste, decidere se gli piaccia oppure no, ma l’importante è che lo vada a vedere perché solo così può giudicarlo.

Secondo te perché in Italia riescono a sbancare al botteghino quasi esclusivamente film dal valore artistico discutibile?

Non giudico il valore dei film, ma questi hanno oggettivamente un elemento comune. Sono tutti film d’evasione rassicuranti, che non pongono grosse problematiche, per chi cerca uscendo di casa solo due ore di divertimento.

Quali sono le tue fonti d’ispirazione?

Sono un’onnivora di cinema. Dai classici italiani a Mendes, da Almodova ad Hitchcock sino a l’intera opera di Kubrick.

Adesso conosciamo meglio una delle giovani protagoniste, Cecilia Cinardi.

E’ stato difficoltoso recitare in un film corale?

Non lo è stato, perché prima di iniziare le riprese la regista ci ha fatto incontrare, provare e stare insieme per trovare e concordare dei punti d’accordo.

Cosa ti ha spinto ad accettare il ruolo?

Febbre da fieno è il mio debutto cinematografico e il mio primo lavoro dopo la maternità e poi il personaggio mi ha emozionato e coinvolto da subito.

Quali sono le problematiche che devono affrontare i giovani artisti italiani per affermarsi?

Non mancano attori e registi talentuosi, ma manca una formazione adeguata ed effettivi luoghi dove poter crescere tecnicamente, perché il talento ha bisogno di essere coltivato ed affinato. Bisogna credere in se stessi, avere tenacia e un pizzico di fortuna nell’incontrare un produttore che creda in te. Purtroppo ultimamente sembra che l’elemento fortuna abbia maggior rilevanza sul talento. Nel nostro paese siamo lasciati soli, non viene concessa la possibilità di poter vivere di questo mestiere senza necessariamente diventare delle star.